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Anche la Cina, infatti, ha la necessità di dare una svolta alla propria economia, dopo un ventennio di crescita esponenziale che ha lasciato in eredità un’industria in affanno, in quanto non sostenuta dai consumi interni e penalizzata dalla riduzione delle esportazioni, e una cementificazione selvaggia, che ha partorito intere costruzioni abbandonate a se stesse. Occorre ripensare a un concetto di crescita funzionale alle persone, non basata sullo sfruttamento delle stesse: dunque non solo urbanizzazione, ma anche migliore integrazione dei migranti, per far sì che questi non siano delle modeste marionette utili a aumentare il Prodotto Interno Lordo, senza averne in cambio un miglioramento della qualità di vita e diritti fondamentali. Il premier Li Keqiang parla di un’urbanizzazione incentrata sull’uomo: nell’articolo Urbanizzazione cinese: la tela del ragno, Gabriele Battaglia scrive:
Trent’anni fa, il sistema era del tutto funzionale allo sviluppo della “fabbrica del mondo”. I terreni venivano requisiti per costruire fabbriche (prima) e dare il via al boom immobiliare (subito dopo). Nella fase dell’accumulazione originaria, i contadini rimasti senza terra costituivano un enorme esercito industriale di riserva, manodopera che si trasferiva nei centri maggiori e che – anche e soprattutto per via dell’assenza di diritti e servizi base – aveva poco potere contrattuale: basso costo del lavoro, boom manifatturiero legato all’export.
Basti pensare agli imponenti dormitori costruiti nei dintorni delle aree industriali: casermoni con camere all’interno delle quali trovano rifugio intere famiglie oppure perfetti sconosciuti che condividono il tetto sotto il quale riposarsi tra un turno e l’altro. Ho bene in mente la richiesta che uno dei ragazzi che lavorava nel mio team mi ha fatto una sera, in piena estate: il caldo era come sempre tremendo e senza condizionatore era impossibile respirare. Con la scusa di dover controllare la schedulazione della produzione (eravamo in un periodo di forte tensione per assicurare le spedizioni), mi aveva chiesto di poter rimanere in azienda e dormire nello spogliatoio, perchè nella sua camera erano in quattro persone e non avevano l’aria condizionata. Se per dormire ci si accontenta di una branda, anche per rifocillarsi la situazione non è troppo diversa: davanti ai dormitori e nelle vicinanze delle grandi fabbriche, bivaccano schiere di baracchini dove è possibile mangiare con pochi Yuan a qualunque ora del giorno e della notte.
É dunque chiaro l’obiettivo degli oltre 200 milioni di migranti di cui sopra: raggranellare i (pochi) soldi dello stipendio a favore delle proprie famiglie spesso rimaste nelle regioni di origine, soldi sufficienti per poter assicurare le basi di una vita quanto meno dignitosa, ma non certamente per sostenere uno stile di vita da ceto medio, necessario per far girare l’economia e in particolare i consumi interni.
Questa evoluzione sociale, con la strutturazione di un solido welfare, deve andare di pari passo con una nuova rivoluzione industriale. In questo senso, il governo cinese ha varato il piano Made in China 2025, un piano di investimenti in ambito tecnologico e dell’Internet of Things che, come riportato nel rapporto Accenture How the Internet of Things Can Drive Growth in China’s Industries, porterà a un aumento della produzione economica annuale di 1,8 trilioni di dollari e i benefici maggiori saranno proprio nel settore manufatturiero. La Cina ha dunque accettato la sfida dell’Industria 4.0, lanciata già da Stati Uniti e Gran Bretagna e, in Europa, nel 2011 dalla Germania.
In cosa consiste questa Industria 4.0? Non esiste ancora una definizione del tutto esaustiva. A me piace seguire le indicazioni della società di consulenza McKinsey, che evidenzia quattro direttrici di sviluppo, come riportato da EconomyUp in Cos’è l’industria 4.0 e perchè è importante saperla affrontare:
- Utilizzo dei dati, potenza di calcolo e connettività, ovvero big data, open data, Internet of Things, machine-to-machine e cloud computing, per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione;
- Analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne valore;
- Interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce touch, sempre più diffuse, e la realtà aumentata;
- Passaggio dal digitale al reale, che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni…
Faccio un esempio, che si riferisce proprio a quest’ultimo punto, in particolare alle stampanti 3D. Nei prossimi anni, diventeranno degli strumenti comuni nelle nostre case, in quanto potranno essere utilizzate per molteplici funzioni. Immaginate un componente di un vostro elettrodomestico che si rompe: oggi occorre chiamare l’assistenza per capire cosa sia successo (e sappiamo bene che sono costi molto alti). Domani la lavatrice o la lavastoviglie comunicherà direttamente con un computer, evidenzierà il componente rotto, richiamerà da un database centrale il disegno dell’oggetto e darà l’input alla stampante 3D, che genererà in loco il nuovo componente. Semplice no?
Sorgono dunque spontanee alcune domande: come evolverà il mondo del lavoro, in un contesto tecnologicamente così spinto? Il concetto di globalizzazione verrà declinato in maniera differente? Come si adatterà un paese come la Cina, basato fino ad ora sulla manodopera fisica? E come si adatterà l’Italia, che già soffre di un tasso di disoccupazione molto elevato?
(continua)
Fonti
How the Internet of Things Can Drive Growth in China’s Industries – rapporto Accenture
Urbanizzazione cinese: la tela del ragno – China Files
Cos’è l’industria 4.0 e perchè è importante saperla affrontare – EconomyUp
Industria 4.0: Cina e Germania investono. L’Italia che fa? – Key4Biz
Il concetto di industria 4.0 non lo conoscevo. Non sarà un po’ presto parlare di quarta rivoluzione industriale? A me sembrerebbe più corretto parlare di terza rivoluzione, non abbiamo ancora smesso con il petrolio… e queste innovazioni – quelle legate alla 4.0 – mi sembrano più che altro sviluppi dell’informatica che ancora non si è espressa in tutte le sue potenzialità.
In ogni caso, sia che si tratti della terza (iniziata con la nascita dell’informatica) sia che si tratti della quarta (iniziata con lo sviluppo dell’informatica), è un argomento interessante che riguarda noi e i nostri figli.
Quanto alla “urbanizzazione incentrata sull’uomo” in Cina, il mio pensiero critico mi induce a concludere che il significato che diamo noi occidentali a questa locuzione (incentrato sull’uomo) implichi il tenere conto dei suoi sentimenti, aspirazioni, desideri, mentre il significato che leggo tra le righe della politica cinese sa più di una pianificazione di spostamenti di masse da orientare secondo benefici economici.
Penso che per tutti noi venga un leggero brivido di sgomento nel leggere che un contadino che si sposta in una città (migrante rurale) conserva la “residenza obbligatoria” nel luogo dove è nato, di conseguenza nella città dove si è trasferito non ha diritto ai servizi legati alla residenza, vale a dire sanità e istruzione. Ecco, questo non rientra nell’idea che noi tutti abbiamo di urbanizzazione incentrata sull’uomo. Così come il direzionare gli spostamenti verso quelle città fantasma nate dalla sola esigenza di far crescere il PIL e ora destinate ad essere riempite obtorto collo.
In poche parole direi che gli occidentali guardano con raccapriccio alla mancanza di libertà dei cinesi, ma soprattutto al fatto che questa mancanza di libertà così grave sembra essere comunemente accettata.
Anzi, ti dirò, probabilmente è proprio quello il prodotto che i cinesi esportano con maggiore successo, la “gestione” della libertà, dato che uomini troppo liberi, con troppi diritti e troppa consapevolezza di averli, sono più difficili da maneggiare, usare e spostare, potendo addirittura pianificare una “urbanizzazione incentrata sull’uomo”.
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Intanto ti ringrazio, perchè lettori come te ce ne sono davvero pochi. Tutto quello che hai scritto, dimostra che hai letto attentamente anche le fonti del mio post. Per cui grazie davvero.
Sul discorso dell’Industria 4.0, il concetto è un po’più ampio rispetto allo sviluppo dell’informatica. Si comincia a ragionare sull’integrazione tra macchine e uomo, cosa che fino a pochi anni fa sembrava solo roba da Asimov o Blade Runner, ma ora ci siamo proprio dentro. Nella terza puntata cercherò di approfondire più questo aspetto.
Su quanto scrivi a proposito della Cina, sicuramente è un paese che è ricco di contraddizioni, questo è indiscutibile. Tuttavia, io sono convinto che miglioreranno. Ormai hanno una visibilità a livello mondiale troppo ampia e non possono più permettersi di apparire privi di diritti sociali e umani. C’è moltissimo da fare, ma credo che riusciranno ad avvicinarsi al nostro modo di pensare, pur senza ripudiare tutto ciò che è stato fatto finora.
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Grazie a te per gli spunti interessanti 🙂
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Mi fa piacere che tu li definisca interessanti. Ti aspetto allora per la terza (e ultima) puntata. A presto!
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Notevole Stefano.
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Wow Andrea, grazie!
Spero di non deludere le aspettative nella terza (e ultima) puntata, dove tenterò di rispondere alle domande con cui ho chiuso questo post. E credo che da questo punto di vista il tuo contributo potrà essere notevole!
Grazie ancora!
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Stefano se posso esserti utile più che volentieri, anche se credo che tu conosca quel mercato molto più di me. Son qui che pendo dalle tue parole, perché mi sto studiando in questi mesi l’economia della Cina, mentre tu ci hai già messo mano.
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Immagino che, per la tua professione, sia necessario tenerti aggiornato. Io sono andato via dalla Cina ormai da 4 anni, ma mi piace continuare a tenermi informato sull’evoluzione, sia per via diretta (parlando con i colleghi e amici che vivono lì), sia leggendo articoli. Ritengo che China-files, di cui ho riportato un articolo, sia una fonte molto affidabile. Ti consiglio di seguirlo.
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