Tango argentino – Si viene e si va (due) #3

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Seconda intervista di questa stagione, insieme a Isa torniamo in Sud America, in Argentina. Freelancer e blogger, ha lasciato l’Italia perchè non ne poteva più della precarietà. Ci racconta la sua Versione Argentina della vita anche tra le righe di questa intervista: cliccate sui link per accedere ai suoi post. Ed ora, che tango sia.


Isa, diamo inizio alle danze.

Mi chiamo Isa, sono lombarda, una laurea in tasca e sulle spalle oltre un lustro di esperienza lavorativa in un’azienda di Milano, senza mai avere un contratto che durasse più di un anno: “non è il momento” / “c’è la crisi” / “speriamo fra sei mesi ti facciano un contratto vero”. Sono passati sei anni. E poi i miei nervi hanno ceduto: ho chiesto di più, mi hanno mostrato la porta.

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Isa – Lago Nahuel Huapi – Bariloche (Patagonia)

Vedevo che la situazione andava peggiorando anche per moltissimi miei coetanei, così ho smesso di considerarmi un caso sfortunato e ho capito che era ora di fare le valigie.

E con le valigie in mano, hai scelto l’Argentina: perché proprio questo paese?

In Italia i lavori che mi venivano proposti erano tutti precari, poco pagati e mi avrebbero tenuto fuori casa tutto il giorno: praticamente come il mio lavoro precedente di cui già conoscevo l’epilogo; quindi ho detto basta. Ho combinato i miei studi con il mio interesse per la divulgazione e ho iniziato a propormi per la redazione di contenuti tecnico-scientifici per siti specialistici; ha funzionato, ma in Italia potevo a malapena sopravvivere. Troppe tasse, troppa burocrazia, un apparato non pronto per la flessibilità delle nuove professioni. Sul piano personale, l’esperienza mi ha insegnato ad anteporre la vita personale alla carriera e ho scelto di lavorare per vivere e non vivere per lavorare. È stata una duplice svolta.

Così è partita la ricerca di un altro posto dove potermi mantenere come freelancer senza dover stravolgere la mia vita: un buon clima, costo della vita contenuto, libertà, socievolezza, cultura. Buenos Aires rispondeva a tutte queste caratteristiche e l’ho preferita ad altri paesi europei e nord-americani. E quindi, l’aereo è decollato: direzione Sud America.

Tu e il tuo pc, dunque: è realmente così facile avviare un’attività in Argentina?

I freelancer in Argentina lavorano molto più snellamente che in Italia: basta registrarsi online come lavoratori autonomi e pagare un fisso mensile a seconda della propria fascia di reddito. Le tasse sono molto più basse, ma l’economia chiusa del paese presenta altre insidie come le difficoltà negli scambi di denaro con l’estero e nella conversione di valuta, nonché l’impossibilità di importare qualsivoglia prodotto. Per fortuna nell’era digitale è possibile aggirare in parte queste difficoltà e il nuovo governo ha promesso di abbattere questi vincoli per modernizzare il paese. In questi primi due mesi al comando dell’Argentina, il presidente neo-eletto Macri ha già svalutato la moneta locale per eliminare il doppio cambio, ha snellito le pratiche per l’importazione di merci, ha abbassato le tasse sull’esportazione e ha riportato a livelli normali quelle sulle importazioni. Insomma, sta ricominciando l’apertura economica dell’Argentina e ci sono grandi aspettative su questo nuovo governo, si spera conduca il paese più verso il modello europeo e meno verso le dittature sudamericane. Ma gli argentini sono divisi e la strada è in salita (Macri ha vinto con un vantaggio inferiore al 3%).

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Un po’di Argentina #1 – Skyline di Buenos Aires dal porto di Olivos

Nel mio piccolo, tutto il mio lavoro avviene da remoto e per questo le limitazioni agli scambi commerciali non hanno inciso particolarmente sulla mia attività. Come copywriter e content localizer, lavoro con aziende internazionali che hanno una presenza in Italia o che vorrebbero lanciare il loro prodotto anche sul mercato italiano. A volte li aiuto ad adattare i contenuti già esistenti al pubblico italiano, altre volte li scrivo da zero. I miei clienti sono basati in Nord America e in Europa, in paesi dove il lavoro intellettuale-creativo è una realtà già da diversi anni e gode di maggiore considerazione che in Italia. Il lavoro si svolge tutto a distanza, con molti neanche parlo al telefono. Se però mi trovo nella loro zona durante una vacanza, passo a conoscerli perché alla fine il contatto personale è ancora vincente.

Quando parlo del mio lavoro con gli italiani, non sembrano molto convinti e lo considerano un lavoretto che potrebbe fare chiunque, oppure continuano a chiedermi “Sei riuscita a trovare un lavoro?” come se questo non lo fosse! Solo perché un’attività non si svolge fuori casa e in orari fissi, non significa che i freelancer lavorino poco; anzi, tutti quelli che conosco io lavorano più ore dei dipendenti “normali”!

In Argentina, invece, ho trovato molte persone che svolgono attività freelance analoghe, sia locali che straniere. Sono programmatori, grafici, copywriter, traduttori, intermediari commerciali, consulenti, docenti di corsi a distanza, blogger, terapeuti. Mi sono sentita riconosciuta e realizzata, per la prima volta.

Avevi avuto già altre esperienze all’estero?

No, anche se ho sentito da sempre il richiamo verso l’estero e già dall’università sapevo me ne sarei andata, prima o poi. Ci sono state diverse occasioni non andate in porto in Europa e in Nord America, a volte sono stata io a dire di “no” quando non era il momento giusto, altre volte è stato il destino. Ai tempi dell’università avevo fatto domanda per partecipare all’Erasmus, il programma di scambio delle università europee, ma per un’incomprensione tra università non sono partita. Quello è un grande rimpianto. Partire a 20 anni per un periodo all’estero da studente universitario non è come partire a 30 con la famiglia e il lavoro a cui pensare.

Domanda sulle 7C: quale ritieni di aver affrontato/sottovalutato/non considerato? E quanto è utile/necessario fare una riflessione del genere prima di espatriare?

Come ho detto prima, sapevo già che avrei lasciato l’Italia, anche se mi ero sempre immaginata in circostanze diverse, magari dietro invito di un nuovo datore di lavoro che mi avrebbe sollevato dalle incombenze pratiche. Invece sono partita “spontaneamente mio malgrado”, dovendo gestire tutto da sola.

Prima di partire ho valutato quanto mi sarebbe costato vivere in Argentina, ho letto forum e blog di altri stranieri emigrati di recente, ma nulla può preparare all’impatto della vita quotidiana una volta che si è in un nuovo paese e si cominciano a vederne anche i difetti. Tra l’altro, per me era solo la seconda volta che mi trovavo a Buenos Aires e molte cose da turista non le avevo colte. Posso dire che in effetti avevo un po’sottovalutato l’aspetto della clarity: il mio obiettivo era riuscire a mantenere lo stesso standard di vita che avevo in Italia, lavorando come freelance, almeno per i primi tempi, ma non avevo fatto i conti con le limitazioni economiche dell’Argentina e le differenze culturali, qui la vita gira a un altro ritmo. Pensavo che qui avrei potuto essere molto più “ricca” e potermi permettere un tenore di vita più alto che in Italia, per poi scoprire che molte cose che noi diamo per scontate qui si pagano care o ancora non esistono: per esempio, la sicurezza, l’educazione scolastica, la tutela ambientale, la sanità.

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Un po’di Argentina #2 – Cascate di Iguazù

Sono arrivata qui con la mia attività freelance che già camminava sulle sue gambe, per cui sapevo a cosa andavo incontro in quanto a complexity, confidence e commitment. Non c’è stata alcuna fase di rodaggio proprio per la natura indipendente del lavoro freelance: ho semplicemente acceso il computer e ripreso da dove avevo interrotto. In questo sono stata molto fortunata, perché il lavoro è stato un problema in meno a cui pensare nel mezzo di un trasloco intercontinentale! Tuttavia, lavorare come freelancer da casa è stato negativo sotto l’aspetto dell’integrazione poiché tuttora ho una sfera sociale molto ridotta e non parlo spagnolo bene come ci si aspetterebbe; dall’altra, ho il vantaggio di potermene andare quando voglio.

Inoltre, passato il primo periodo in cui ho sistemato le questioni pratiche e burocratiche, mi sono guardata intorno e ho avuto conferma che mi conveniva continuare a lavorare come freelancer anziché cercarmi un lavoro in loco, poiché gli stipendi qui sono molto bassi e l’inflazione galoppante si mangia rapidamente il potere d’acquisto – l’inflazione è seconda per argentinità solo al tango!

Comunque, il cambio di aria e la vita in una metropoli mi hanno stimolato molto, ho partecipato a corsi professionali e conosciuto altri freelancer come me: vedere gente che fa il mio lavoro da una vita è rassicurante (consolidation) e le gratificazioni non sono mancate. Al contempo sto pensando di aggiungere qualche attività collaterale per uscire un po’ dal guscio e socializzare (change), per esempio mi piacerebbe tenere corsi.

Riguardo la domanda sull’utilità o necessità di riflettere prima di partire, entrambe sono inevitabili. Tuttavia, le situazioni peculiari di ognuno portano a risposte diverse. Chi parte da solo, chi parte con famiglia al seguito, chi ha figli in età scolare, chi vuole godersi serenamente la pensione… Chi viene mandato qui dall’azienda per un periodo limitato di tempo, con voli pagati per le vacanze in patria, frequenti viaggi all’estero per lavoro, casa trovata e affittata dal datore di lavoro, frequenta solo colleghi expats come lui e si trova in una posizione ben diversa da chi salta su un aereo giocandosi tutto, vivendo a contatto con i locali e come i locali, facendo affidamento solo sulle proprie forze.

E comunque non si può prevedere e pianificare tutto: le risposte si trovano solo vivendo!

In che modo hai gestito questo cambiamento della tua vita? Hai avuto il tempo sufficiente per metabolizzarlo?

Il cambiamento è sempre foriero di avventure, non è possibile pianificare tutto e sarebbe anche noioso se tutto andasse come da programma! È parte dell’esperienza: basta ricordarsi che non è una condanna ma una scelta.

Mi ha aiutato molto allacciare rapporti con altri expats come me, non solo per consigli su come superare alcune difficoltà pratiche della vita quotidiana, ma anche per poter stemperare con una risata alcuni difetti degli argentini!

Ho imparato che non c’è un solo modo per vivere (studia, lavora e poi muori), che il cambiamento arricchisce, offre opportunità – ho imparato a non vederlo come una sconfitta. Ci sono stati momenti in cui sono stata tentata di dire “sono dovuta emigrare”, con molto risentimento per l’Italia; poi ho realizzato che era un atteggiamento passivo e controproducente. Piuttosto, mi ricordo che potrei vivere dove voglio e che non sono alle dipendenze di nessuno: decido in modo autonomo della mia vita e lo considero un grande privilegio.

La mia fase di metabolizzazione è ancora in corso. Tutti gli expats vivono una fase di innamoramento (honeymoon) con la nuova patria, in cui l’entusiasmo offusca tutto, seguito da un picco di frustrazione misto a rabbia verso il nuovo paese (di cui improvvisamente si vedono tutti i difetti), un periodo nostalgico verso la propria patria e una fase di rassegnazione/valutazione obiettiva della situazione.

Io ho concluso la honeymoon da alcuni mesi e sono in una fase molto altalenante: se qualcosa mi sorprende in positivo penso “in Italia non mi sarebbe mai successo, che figata!” e se qualcosa mi sorprende in negativo dico “persino in Italia questo funziona!”.

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Un po’di Argentina #3 – Quebrada de Humahuaca, Purmamarca

Rimanere col culo per terra, mollare tutto e andare dall’altra parte del mondo: così ti presenti nel tuo blog Versione argentina. Direi che per te l’espatrio è stato una necessità…

In Italia avevo molte difficoltà a cominciare la mia vita personale con tanta incertezza, anche quando lavoravo come precaria. Ero condizionata dalla paura e sentivo una forte discrepanza tra le regole pensate per un mondo di stabilità economica ormai appartenente al passato e la mia realtà. Un affitto di 4 anni mi sembrava un’eternità rispetto alla mia vita, scandita da contratti di lavoro di pochi mesi, un mutuo una cosa inarrivabile. E vedevo che sui giornali parlavano solo di pensioni, che per me non erano neanche contemplate. Mi sentivo alienata!

Come vi raccontavo prima, ho sempre saputo che me ne sarei andata, ma pensavo ingenuamente di farlo trovando il tappeto rosso srotolato all’arrivo nella nuova patria: un salto di carriera, un paese più avanzato, un passo in avanti. Non è stato così, ma comunque sono riuscita ad andarmene e a rialzarmi.

In futuro vedi una possibilità di tornare in Italia? Oppure vedi un trasferimento in un altro stato estero? Perché?

A volte il pensiero di tornare nel vecchio continente riaffiora, specie per l’insicurezza che c’è in Argentina, ma escludo l’Italia: lì ho i miei affetti, ma non è cambiato niente rispetto a quando sono partita. In Europa, comunque, ci sono molte regole, a volte troppe! Noto molto malcontento nonostante uno standard di vita senz’altro più alto che in Argentina, e ciò mi fa riflettere.

Alcune cose dell’Argentina mi piacciono molto, è come l’Italia degli anni ’80: se si ha voglia di fare, le opportunità ci sono. Basta non considerare la realizzazione in termini di grandi guadagni o beni tecnologici, bensì di tempo libero e assenza di stress, di divertimento.

Grazie a Internet riesco a seguire persone che hanno preso alcuni dei treni su cui io ho deciso di non salire o che sono rimaste dove erano, ma non riesco a riconoscermi nella loro gioia di ricevere un paio di scarpe da ginnastica firmate un’ora dopo averle acquistate online dal cellulare mentre con la metro sfrecciavano sotto le strade di New York, o di spendere il loro esiguo stipendio in abiti firmati e in locali alla moda, solo perché sono spalleggiati dai genitori!

Al contempo, però sto riflettendo molto su cosa voglio dal futuro: è vero che qui le tasse sono più basse, ma per vivere al sicuro in una casa con giardino occorre pagare la vigilanza o abitare in un quartiere privato, per avere una buona istruzione bisogna frequentare una scuola privata, per una buona sanità è necessaria un’assicurazione sanitaria,… E con l’inflazione dell’Argentina la convenienza economica può svanire rapidamente.

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Un po’di Argentina #4 – Salinas Grandas, Puna de Atacama

Per concludere: collegandomi a ciò che hai detto poco fa, se dovessi riprendere in mano le tue valigie e lasciare Buenos Aires, cosa ti rimarrebbe dentro della tua Versione Argentina?

Certamente una grande nostalgia: l’Argentina è come quella fidanzata matta di gioventù con cui si sapeva che non sarebbe durata, ci si gode l’avventura finché dura, ma avrà sempre un posto speciale nel cuore! A parte le metafore romantiche, mi rimarrebbero un maggiore rispetto per chi nella vita non ha avuto la mia stessa fortuna e un maggiore distacco dai beni materiali. E di sicuro anche un grande apprezzamento per il lusso di essere nata e cresciuta in Europa.


Il blog di Isa >> Versione argentina

La puntata zero di Si viene e si va >> Le 7C


11 risposte a "Tango argentino – Si viene e si va (due) #3"

    1. Come ho detto a Isa, ci ho trovato molto cuore. Dalla sua intervista ho percepito la sofferenza provocata da un precariato che lei ha dovuto subire, ma anche la forza e il coraggio, come hai detto tu, di “sbattere la porta” e ricominciare. Davvero una bella esperienza.

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  1. Non posso non unirmi agli elogi per il post/intervista e al bellissimo blog di Isa sull’Argentina, paese che amo tanto e che tanto mi ha dato in termini di amicizie, avventure, ispirazioni. I suoi post ben raccontano le difficoltà altresì insite nella vita della nazione platense, specie della sua capitale. L’augurio che faccio a chi vive in Argentina e agli argentini (anche se oramai a 40 anni ho iniziato a diffidare della politica come leva per cambiare qualcosa) è che effettivamente con Macrì neo-presidente (con tutti i suoi difetti, non pochi), il paese chiuda definitivamente con il peronismo e cominci ad essere un paese “adulto”.

    Ad Isa un grosso in bocca al lupo per tutte le sue iniziative e per la sua vita.

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    1. Ciao Pietro, immaginavo che l’intervista di Isa ti avrebbe attirato, conoscendo la tua passione per l’Argentina. Speriamo che l’Argentina possa riemergere con questo nuovo Presidente.
      A presto!

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  2. L’Argentina è nella mia top 3 di paesi in cui vorrei vivere per almeno un anno, insieme al Giappone e al Madagascar.

    È anche la destinazione ultima del mio “viaggio da fare prima o poi assolutamente”, che prevede un furgoncino con un materasso e un fornellino a gas, e un paio d’anni work-free per scendere dall’Alaska fino alla Patagonia, seguendo la costa ovest e poi la panamericana.

    Ho sempre fatto amicizia facilmente con gli argentini, di cui apprezzo molto le chiacchiere intorno al mate e il sorriso.

    Oltre a complimentarmi con Isa per i suoi successi e per l’interessantissima intervista, vorrei fare una domanda.
    Di tutti gli argentini che ho frequentato e dalle storie di altri viaggiatori, ho avuto l’impressione che gli argentini si considerino superiori al resto del Sudamerica. Addirittura mi è capitato di offendere un tassista argentino solo perché l’ho definito sudamericano, mi ha risposto che la gente (di Buenos Aires, nel suo caso) è europea e solo geograficamente si trova situata lontano dall’Europa.
    Questo atteggiamento è comune? Ti è capitato di sentire commenti del genere?

    Grazie a Stefano per un’altra strabiliante testimonianza di viaggio.

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    1. Carissima Lisa, sono contento che sia tornata da queste parti!
      Davvero una bella esperienza, quella di Isa. Lascio ovviamente a lei la risposta alla tua domanda, sono curioso anche io.
      A presto!

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    2. Ciao Lisa, gli argentini sono proprio così. Si credono i migliori del Sud America e il parametro che usano è la somiglianza con l’Europa. In quello, credo proprio che sia vero, anche se il paese è indubbiamente latinoamericano ai miei occhi europei. In parte credo ci sia anche una punta di razzismo in questo convincimento perché é il paese più bianco del sud America. Però nei 12 anni precedenti, il governo populista (peronista) ha pompato molto l’identità sud americana e si è avvicinato molto a Bolivia ed Ecuador, politicamente parlando. Se trovi qualcuno di origine europea in argentina, sarà di sicuro di quell’opinione anche se non ha mai messo piede in Europa!

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