Prima puntata della rubrica Si viene e si va. L’esordio spetta a Giulia: a voi il piacere di conoscerla.
Giulia, a te l’onore della presentazione.
Sono Giulia, ho 23 anni, sono laureata in Economia e Management e ora sono iscritta all’ultimo anno del corso di Laurea Magistrale in Economia e Direzione Aziendale dell’Università degli Studi di Padova.
In questo momento, dove ti trovi e di che cosa ti occupi?
Mi sono trasferita sette mesi fa a Dongguan, una città nella regione del Guangdong, nel Sud della Cina. Probabilmente non l’avrete mai sentita nominare, io stessa non avevo idea che esistesse: in fondo ha solo 9 milioni di abitanti, una piccola cittadina per gli standard cinesi! Dongguan è una città industriale, sede di moltissime multinazionali e imprese locali. La sera non è raro infatti imbattersi in altri espatriati, e gli stessi cinesi provengono principalmente da altre province. Sto svolgendo uno stage all’interno dell’ufficio HR di Tristar, la filiale cinese di Luxottica, che conta circa 9000 dipendenti tra impiegati ed operai.
Qual è stato il canale che ti ha aperto le porte della Cina?
Se ora sono in Cina è principalmente grazie all’Università. L’estate scorsa ho avuto l’opportunità di partecipare alla prima edizione dell’ISPM China, una summer school organizzata congiuntamente dall’Università di Padova e da quella di Guangzhou. Dopo una serie di lezioni di preparazione in Italia siamo partiti (studenti e professori) alla volta di Guangzhou. È stata un’esperienza breve, ma davvero intensa: soggiornavamo nel campus e alternavamo lezioni frontali di Intercultural management a visite aziendali. Dopo la visita in Tristar siamo venuti a conoscenza dell’opportunità di stage nell’ufficio HR, mi sono candidata ed ora eccomi qua!
Che cosa vuol dire lavorare nelle Risorse Umane di un’azienda cinese (seppur italiana)?
Il lavoro dell’HR non è mai semplice, a maggior ragione se svolto all’interno di un contesto culturale completamente diverso da quello domestico. Finora mi sono occupata principalmente di comunicazione interna, e la tematica che mi ritrovo a dover affrontare giornalmente è quanto peso dare alle linee guida dell’headquarter e quanto invece alla cultura locale. Trovare il giusto equilibrio è necessario per garantire un unico stile comunicativo in tutte le geografie, senza però entrare in contrasto con la cultura cinese. Quindi direi che per lavorare nell’ufficio HR è necessario avere una grande umiltà e capacità di mettersi in discussione in ogni momento. Oltretutto qui la cultura del feedback è davvero poco sviluppata. Raramente si ricevono commenti diretti, perché vengono visti quasi come una mancanza di rispetto. Per questo mi sento di dire che è importante osservare, più che ascoltare.
Avevi avuto giá altre esperienze all’estero?
A parte la breve esperienza in Cina dell’estate scorsa, durante la triennale ho trascorso cinque mesi in Finlandia come studentessa Erasmus. Sicuramente è stata un’esperienza molto più soft di quella attuale, ma credo che senza questo gradino intermedio sarebbe stato molto più difficile per me partire per l’Estremo Oriente. L’Erasmus è un’opportunità incredibile, che consiglio fortemente a qualsiasi studente universitario, a prescindere dal corso di studi e dalla meta. Vivere un periodo all’estero apre la mente e permette di rivedere da una prospettiva completamente diversa e molto più critica tutto ciò che normalmente viviamo come routine quotidiana.
Lo hai già accennato prima: ambientarsi in Cina non è proprio una passeggiata…
Mi ritengo una persona con un forte spirito di adattamento, ma credo che un trasferimento qui metterebbe alla prova chiunque. A differenza di quanto si possa pensare, il periodo più difficile non è stato l’arrivo. Le aspettative che abbiamo sulla Cina in Italia non rispettano affatto la realtà: devo ammettere che Dongguan si è rivelata essere molto meglio di quanto mi aspettassi. Dopo un primo momento di piacevole sorpresa, però, sono arrivate le prime difficoltà. La lingua è stata sicuramente il problema principale: l’inglese è diffuso solo all’interno delle aziende, e non a tutti i livelli. L’impossibilità di comunicare rende tutto davvero più complicato, le prime volte che andavo al supermercato me ne uscivo con il mal di testa. I primi mesi sono sicuramente di adattamento, ma una volta fatta l’abitudine è tutto in discesa. Soprattutto dopo aver capito che le cose più importanti da mettere in valigia quando si torna in Italia non sono i vestiti, ma le provviste!

Com’è stato l’impatto in un’azienda così grande? Come ti relazioni con i colleghi cinesi?
Va specificato che la mia è stata un’esperienza piuttosto fuori dall’ordinario. Prima di questo internship avevo svolto solamente uno stage di 3 mesi in un’azienda vicino casa. Alla mia seconda esperienza mi sono ritrovata catapultata dall’altra parte del mondo all’interno di una delle più grandi aziende italiane. Perciò direi che l’impatto non può che essere stato davvero molto forte. Nonostante questo mi sono inserita più semplicemente di quanto mi aspettassi. C’è una bellissima comunità di espatriati che mi ha aiutata anche nelle difficoltà più banali. Ma la vera sorpresa sono stati senza dubbio i colleghi cinesi: mi hanno accolta a braccia aperte senza alcun tipo di diffidenza. Hanno uno spirito di accoglienza verso lo straniero molto più forte di quello italiano. Certo, le differenze culturali a volte creano delle situazioni un po’ ambigue, ma dopo qualche mese si impara ad interpretare comportamenti e reazioni che per noi sarebbero inconcepibili. Credo sia questo il vero valore aggiunto di un’esperienza lavorativa estera.
Hai parlato di accoglienza: questo blog nacque 3 anni fa dall’esperienza del sottoscritto come laowai (e ora saprai sicuramente cosa vuol dire questa parola): cosa si prova ad essere straniera in terra d’altri?
Essere il “diverso” all’inizio è una situazione strana. Tante volte in Italia si sente dire che i cinesi sono una comunità molto chiusa, che non si integra, non impara la lingua: già dopo una settimana a Dongguan, ho cominciato a capire cosa provano! Ritrovarsi dall’altra parte del mondo, analfabeti, senza essere in grado di leggere o comunicare, senza trovare niente di conosciuto da mangiare, lontani da tutto ciò che è familiare: direi che “smarrimento” è la parola adatta per descrivere tutto ciò. Credo sia normale cercare uno spazio, un gruppo o una comunità in cui rifugiarsi. In ogni caso, dopo un po’ ci si fa l’abitudine anche ad essere additati e fotografati in continuazione. Ancora una volta, è tutta una questione di come la si prende. Io ho deciso di buttarla sul ridere, e posso assicurare che sta funzionando alla grande!
Immagino che di episodi strani e buffi tu ne abbia visti e vissuti in gran quantità e le foto lo confermano!
Non credo di esagerare se dico che su questo argomento potrei scrivere un libro. Dal rutto in faccia alle sette del mattino, al macellaio che sputa allegramente sul pavimento; per non parlare poi della capacità che hanno le persone di dormire in ogni luogo, in ogni momento e nelle posizioni più assurde. Gli episodi più buffi sono sicuramente quelli che vedono come protagonisti i cinesi più “incontaminati”. A Dongguan capita spesso di imbattersi in persone che non hanno mai visto un occidentale in vita loro, e le reazioni sono tra le più disparate. I più coraggiosi chiedono di potersi fare una foto insieme, mentre i più timidi ti scrutano con una curiosità che nelle prime settimane può mettere un po’ a disagio. Ma l’episodio più divertente è stato senza dubbio quello di un cantante di un locale, che per salutarci non ha guardato dove camminava ed è caduto dentro al laghetto…


Se dovessi convincere la tua migliore amica a fare la tua stessa esperienza, cosa le diresti? Cosa sostanzialmente apprezzi della vita cinese e cosa non riesci ad accettare?
La cosa che sicuramente apprezzo di più della vita cinese è l’estrema sicurezza che si prova a qualsiasi ora del giorno e della notte. Questo non è sicuramente un aspetto da poco per una ragazza che decida di trasferirsi da sola in un paese straniero. La vita in Cina poi può essere estremamente divertente o snervante, tutto dipende dall’approccio con cui la si prende! “Serenità” è la parola magica: cercare di trovare sempre il lato divertente di ogni situazione, accettare incondizionatamente quello che accade senza farsi troppe domande o cercando di trovare una spiegazione logica (anche perchè la maggior parte delle volte non c’è!). Perciò sconsiglio vivamente la Cina a chi vive di programmi prestabiliti e sente il bisogno di avere sempre tutto sotto controllo. Quello che dopo molti mesi ancora non riesco ad accettare? Lo sport nazionale: lo sputo libero!
Immagino tu stia approfittando della tua “residenza” in Cina per scoprire anche altri paesi asiatici: quali le analogie e quali le differenze con la Cina?
In questi mesi sono stata a Seoul, in Corea del Sud, e nelle Filippine. Questi due paesi sono completamente diversi l’uno dall’altro, ma presentano entrambi una differenza sostanziale rispetto alla Cina: la comunicazione! Non solamente per la lingua (sia in Corea sia nelle Filippine l’inglese è molto diffuso), ma anche per usi, costumi e abitudini. Tra i paesi asiatici che ho visitato la Cina resta sicuramente il più autentico, legato alla tradizione e meno “occidentalizzato”. Questo da un lato rende l’adattamento un po’ più problematico, dall’altro però permette di vivere in un mondo completamente diverso da quello a cui siamo abituati, che stupisce e colpisce ogni giorno con qualcosa di nuovo ed insolito.
Domanda di rito: ti manca l’Italia?
Ovviamente sì! Amo il mio Paese, e non me ne sono certo andata perché non ci stessi bene. Anzi, credo che un periodo lontano aiuti ad apprezzare molte cose che troppo spesso vengono date per scontate. Quello che più mi manca sono sicuramente famiglia e amici. Anche se ogni volta che torno, nonostante i mesi di assenza, ho l’impressione di non essere mai partita. È più facile vagabondare in giro per il mondo se hai la certezza che, qualsiasi cosa accada, avrai un posto che sarà sempre tuo.
Ultima domanda: cosa vedi nel tuo futuro? Estero o Italia?
Questa è la classica domanda da 1 milione di dollari. Finora non ho mai pianificato il mio futuro. Sono del parere che avere le idee chiare su ciò che si vuole fare impedisca di cogliere molte opportunità. Mi piace guardarmi attorno e valutare ogni situazione contestualizzandola e confrontandola con le possibili alternative. Quindi direi che dipende da ciò che mi si presenterà: certo, qualche altra esperienza all’estero, anche in altri paesi, non mi dispiacerebbe affatto.
Come padrone di casa, mi sento di ringraziare ancora Giulia, sia per essersi prestata al gioco dell’intervista, sia per aver colto molto bene il senso di questa rubrica. Mi piace sottolineare due aspetti importanti: il primo, la serenitá di cui Giulia parla, addirittura come parola magica. Affrontare tutto con un sorriso aiuta e lo sta dicendo una persona che è partita ed è andata al di lá del mondo. Il secondo: tu dici che “avere le idee chiare impedisce di cogliere molte opportunità”. Chissá se qualche giovane come te prenderá spunto dal tuo coraggio e dalla tua convinzione, per capire che occorre fare sacrifici e buttarsi. Pur sempre con un pizzico di ironia e sorriso. Brava Giulia!
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Giulia, grazie per il resoconto della tua esperienza fino ad ora. Essendo stato nella situazione durante la mia esperienza in Cina, posso solo concordare con te. Vale la pena andare in Cina. Anzi, direi che dovrebbe essere un must per tutti i giovani d’oggi; ritengo che se negli anni 50-70 l’US erano un grande punto di riferimento per opportunità lavorative ed esperienze di vita, oggi la Cina copre il medesimo ruolo. Complimenti per la scelta, ed in bocca al lupo!
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Ciao Eugenio, benvenuto nel blog. Ho curiosato un po’nel tuo blog e vedo che anche tu sei “in giro”. Potrebbe essere interessante che anche tu ci raccontassi la tua esperienza, se ti va e se hai voglia, ci possiamo sentire in privato.
Giulia risponderà di sicuro, purtroppo in Cina non è sempre facile connettersi ad Internet (i blog, ahimè, sono i nemici numero uno!) e quindi tornerà a farci visita, Grande Fratello permettendo!
A presto!
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Eugenio, mi fa piacere sapere che persone che hanno avuto la mia stessa esperienza la vedano allo stesso modo. E’ stata piuttosto dura all’inizio, ma che soddisfazione guardarsi indietro e vedere tutti i progressi fatti in pochi mesi! La Cina ti permette di andare ad una velocità che purtroppo ora l’Italia non consente. Sono convinta anch’io di aver fatto la scelta giusta. Grazie per il tuo appoggio, e crepi il lupo!
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