LaoWhy?

Il termine LaoWai letteralmente significa “vecchio straniero” ed é utilizzato dagli amici cinesi per definire personaggi come me che non sono nati nei loro patrii confini. In un ambito politically correct, non riconosco dietro questa definizione nulla di offensivo, eppure questa parola rievoca in me 2 termini che in Italia hanno un’accezione decisamente meno cordiale: extracomunitario ed emigrante. Con una sostanziale ma importante differenza: il LaoWai, per il cinese, é colui che viene in Cina per occupare ruoli di un certo livello e soprattutto ben pagati. Ergo: se un cinese mi dovesse chiamare LaoWai apertamente, dovrei cominciare a preoccuparmi e guardarmi le spalle? La stampa ufficiale insiste sulla “buona fede” del termine, sottolineando come non debba essere rilevato alcun elemento negativo.
Ho provato a mettermi nei panni di un cinese, che stia cercando un nuovo lavoro, un nuovo sbocco professionale, per provare a migliorare il suo tenore di vita a fronte di un’inflazione che cresce annualmente in doppia cifra (altro che 2,7% nell’EuroGruppo…) e ho simulato le sue domande:
  • Perché, mio caro LaoWai, non torni al tuo paese liberando quel posto per me?
  • Perché tu, LaoWai, pensi di arrivare nel nostro Paese ed imporre la tua cultura lavorativa, senza capire se la stessa sia adattabile al nostro stile?
  • Perché sempre tu, LaoWai, vieni qui a fare la vita da riccone, mentre nel tuo paese probabilmente saresti un povero disgraziato?
Mi sono chiesto quante volte pensiamo le stesse cose, ma nei confronti di persone che arrivano in Italia sperando di trovare (salvo poi disilludersi) ció che i nostri avi, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, trovarono in America.
Tornando a rivestire i panni del Pensatore di italica stirpe, ammetto ogni tanto di sentirmi “osservato”: a volte come fenomeno da baraccone, quando in un mercato o in un negozietto tento di farmi capire con quelle 2 parole di cinese, sicuramente dette con il tono sbagliato; altre volte come invasore.
Tuttavia, i corsi e ricorsi storici di GianBattista Vico hanno un assoluto fondamento: considerando l’attuale situazione del BelPaese, forse noi LaoWai non stiamo cercando la vita da nababbo, ma stiamo trasponendo, in una virtuale cartina economica mondiale,  l’America verso l’Estremo Oriente. Siamo migrantes o ci consideriamo ancora colonizzatori?

7 risposte a "LaoWhy?"

  1. Paolo, conoscevo questa lettera, credo che sia stata uno dei piu'famosi sfoghi. Ma cosa fa veramente la politica per evitare tutto questo? E da parte dell'Universita', ci sono proposte concrete per migliorare? Ho amici che sono stati “costretti” ad emigrare altrove (USA, Canada) per poter continuare a fare ricerca.
    Coinvolgo in particolar modo te, in quanto impegnato attivamente nella politica di Mondovi', ma sicuramente anche consapevole di quello che si dovrebbe/potrebbe fare a livello italiano. Grazie del confronto.

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  2. La politica come arte di far le scelte per tutti mi sembra assopita se non morta in questo paese.
    L'ultima chicca, utile a qualcuno, è il processo lungo.
    Hanno spinto la maggioranza del popolo a delegare, a non occuparsi, a non curarsi. “Ghe pensi mi”
    Sono quasi riusciti a seppellire il futuro del paese lasciando ai giovani un pugno di mosche e molti debiti.
    Comunque nutro fiducia in una ribellione positiva nella speranza di non arrivare allo scontro sociale.

    Paolo

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  3. Pessimismo e fastidio, Paolo!
    Mettiamola cosí: ti danno la possibilita’di stilare un documento programmatico, solo per noi italiani (lavoratori o studenti) che siamo all’estero. Devi fare 3 proposte che aiutino l’università o le aziende a invogliarci a ritornare e rimanere in Italia.
    La mia vuole essere una provocazione, perche’vorrei sconfiggere una tendenza, che é quella di dire quello che gli altri non fanno o non hanno fatto. Io voglio sfruttare questa mia esperienza all’estero per dire che in Italia non abbiamo niente da invidiare a nessun paese nel mondo, solo dobbiamo crederci! E voglio realmente fare qualcosa, prima di tutto abbattere questo pessimismo. E’buffo vedere a volte i miei colleghi italiani venire nel mio stabilimento in Cina e rimanere stupiti per il fatto che abbiamo implementato soluzioni nelle linee che in Italia non hanno. Alla domanda “perché in Italia non lo abbiamo?” la risposta é sempre la stessa “Perché qui parliamo un po’meno e facciamo di piú”. Sarà per quello che la Cina sta per diventare la Potenza numero 1?

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  4. Bell’articolo e buone considerazioni, a 4 anni e mezzo di distanza vi sono molti aspetti che sono cambiati. Oramai gli occidentali non fanno più la vita da ricconi, anche se di opportunità ce ne sono ancora tante sono in pochi quelli che riescono a percepire un buon stipendio.
    Al tempo stesso è vero e forse ancora più acerbato un certo fastidio per gli stranieri che vanno in Cina a “rubare il lavoro”, ma siamo ben lontani dall’insofferenza verso lo straniero che vediamo qui in Italia.

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    1. Ciao Jappo, il tuo commento è autorevole, essendo lì “sul campo”. Sono passati in effetti quattro anni e mezzo e leggo/sento che molto è cambiato, non so se in meglio o in peggio. Opportunitá immagino ce ne siano, ma forse più per freelance e liberi professionisti, perchè le aziende in certi casi ritornano indietro.
      Grazie del passaggio!

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